Studio di fattibilità per il Recupero del Complesso berniniano in Ariccia (Roma) - 2001

A R C H I T E T T O    G I O R G I O    M A G I S T R I

S T U D I O    -    V I A L E   A . C H I G I    3   - 0 0 0 7 2    A R I C C I A    ( R O M A )    -    T E L . / F A X    0 6 . 9 3 3  4 1 3 1

 

con Ing. M. Iacoangeli

Committente: Comune di Ariccia


Non mi parlate di niente che sia piccolo...

- G.L. Bernini al Re di Francia


Ciò che non si comprende non lo si possiede

- Goethe


Recuperare il complesso berniniano è possibile?

Undici anni or sono, in merito al recupero storico-critico del complesso berniniano ad Ariccia, ponevo questo interrogativo: "E' possibile oggi recuperare la piazza di Ariccia, nonostante le pesanti trasformazioni sopraggiunte nell'intorno?", aggiungendo che: "se di fronte a questo quesito ci poniamo in una posizione romantica, meramente poetica e contemplativa, la risposta non sarebbe che negativa. Agli estremi della piazza-agorà-terrazza, uno fronteggiante l'altro, i due ponti ottocenteschi ne hanno alterato l'originaria funzione di spazio concluso e protetto, guastandone fatalmente la magnifica unità ideata dal Bernini. Per mezzo degli stessi viadotti, il traffico carrabile a getto continuo canalizzato sull'Appia Nuova, equivale ad una barriera metallica multicolore e trasversale che ne vìola costantemente l'intimità (e il microclima), dividendo lo spazio in due piazze di Corte, entrambe attanagliate dal rumore e dallo smog.

Giovanni Incisa della Rocchetta, già archivista Chigi in Vaticano, a questo proposito, ebbe a dire che l'attraversamento della piazza con la Via Appia Nuova fu "un vero delitto... e sono stati falsati i punti di vista studiati con gran cura dal Bernini, sono stati alterati i livelli e sono state spostate le fontane, per non parlare del danno fatto al parco Chigi, chiuso da una diga". Va osservato, tuttavia che oggi è da considerare impraticabile, oltrechè demagogica - pur se comprensibile - la semplicistica soluzione di "abbattere" (anche solo di un ordine d'arcate) il viadotto monumentale, che viceversa merita sia una giusta rivalutazione che una mirata valorizzazione ed un conseguente riuso, in quanto ardita e imponente opera d'alta ingegneria (tale da essere riprodotta, insieme al volto del suo artefice, il pontefice Pio IX, nelle medaglie di massimo modulo coniate in occasione della sua costruzione, 1854). Anche il prof. arch. Paolo Marconi, docente in Restauro dei Monumenti all'Università degli Studi di Roma "La Sapienza", si domandava nell'accorato appello lanciato in Arte e Cultura della manutenzione dei monumenti (1984-1990): "Come fare, a titolo di manutenzione, per questo complesso monumentale, sconciato oltre tutto dal traffico veicolare che scorre per il viadotto ottocentesco sfigurando l'assetto urbano originale, e incrostato da incredibili targhe pubblicitarie". E' ormai storia, che ben sei progetti su sette escludevano l'attraversamento della piazza, attraversando a monte il parco Chigi o rasentando il paese a quota più bassa, mentre il settimo, quello prescelto dal papa (del ponte monumentale) avrebbe distrutto la terrazza sul vallone, guastando irrimediabilmente l'unità architettonica del complesso berniniano. Persino il progettista del "grandioso viadotto", l'architetto-ingegnere Giuseppe Bertolini, forse conscio del guasto che il suo progetto avrebbe arrecato, con delle "Considerazioni sul migliore metodo di correzione della Via Appia tra Albano e Galloro", datate 6 luglio 1848, suggerì al Duca di Rignano, ministro dei Lavori Pubblici, la rinuncia al terzo ordine di arcate e l'apertura di un tunnel sotto la piazza. Ma il popolo di Ariccia, rappresentato dallo stesso principe Chigi (inizialmente contrario al ponte), insorse al primo sentore del progettato traforo, soprattutto, in considerazione che il tunnel avrebbe escluso il paese dai vantaggi commerciali connessi al suo attraversamento. Risultato: il competente Consiglio d'Arte si pronunciò contro il mutamento all'apparata esecuzione del viadotto. Nel 1850, Pio IX nell'udienza del 3 luglio 1850, respinse definitivamente la ripresentata proposta del tunnel. La proposta del tunnel, tornò nuovamente di attualità a seguito del crollo del viadotto (1967). Il sopra ricordato Giovanni Incisa della Rocchetta propose: "di non ricostruirlo, di lasciare tutto come è ridotto ora, di trasformare i due tronconi in pittoresche rovine, restituendo la piazza alla sua funzione di belvedere e lasciando che il traffico si svolga per la deviazione già tracciata, od altra più opportuna". Anche Ferruccio Ricordi, alias Teddy Reno, a quei tempi assessore al turismo e spettacolo del Comune di Ariccia - in piena contraddizione con l'allora sindaco Aspri - affermò che "non occorreva rifare il ponte". Molto meglio sarebbe stato fare una piccola deviazione all'attuale deviazione dell'Appia, in modo da farla passare per il "favoloso giardino Chigi", trasformato per l'occasione in una grande mostra all'aperto di bei talenti (sic!) "Così i pittori potrebbero appendere i loro quadri ai rami degli alberi, i musicisti suonare le loro musiche in mezzo al verde, gli scultori sistemare le loro opere nelle splendide radure ed aiuole...".

La soluzione del giardino all'italiana per colmare un vuoto...

Al prezioso "alter ego" di Giovan Lorenzo Bernini, l'architetto ticinese Carlo Fontana (Brusata 1636 - Roma 1714), si deve il merito di aver saputo interpretare, mediare e dirigere molte delle "suggestioni" architettoniche volute dal pontefice Alessandro VII per Ariccia. Questi, elaborò una soluzione dietro l'altra per il Palazzo Chigi (in Ariccia), per il novo Stallone e per la Piazza di Corte, ma anche per migliorare l'allora sistema viario, in riferimento alla Porta (Napoletana) d'accesso al borgo. Sicuramente precedenti ai due disegni che prevedevano la riutilizzazione della preesistente chiesetta - dedicata ai SS. Nicola e Domenico - con una nuova facciata, sono gli accurati disegni a lapis, penna ed acquerello a diversa scala. Questi ultimi, rappresentano un giardino all'italiana collocato nello stesso luogo "occupato" dalla chiesetta - a volte disegni esecutivi (1), ricchi di dettagli e di schizzi relativi alle fontane, che illustrano in numero di sei (!) le quattro (!) diverse versioni del giardino.

Tutta questa attenzione, riversata sul giardino, mi ha portato a ritenere che il Fontana avrebbe preferito realizzare quel giardino, piuttosto che trasformare la chiesetta, e che qualora non avesse trovato in quel luogo quella preesistenza, con ogni probabilità lo avrebbe realizzato. Anche il confronto tra le due soluzioni, conferma che la parziale demolizione dell'Oratorio di S. Nicola - operata perchè d'intralcio all'allineamento rispetto ad una direttrice verso la "porta della terra" - avrebbe determinato, come poi avvenne (contrariamente alla soluzione del giardino, maggiormente controllata) un antiestetico arretramento del prospetto dell'Oratorio novo rispetto alla Rimessa (gli Stalloni) fatta di novo.

L'impianto del giardino all'italiana fontaniano, simile ad un hortus conclusus di stampo rinascimentale (in armonia con l'aspetto austero dei prospetti - verso la piazza - del Palazzo Chigi e degli Stalloni) è caratterizzato da una percorrenza anulare e specularmente cruciforme dalla forte assialità prospettica, ulteriormente sottolineata da fontane-fondali a parete. La razionale geometria delle aiuole romboidali, aggraziate dagli smussi arcuati praticati sui vertici e l'ampio Teatro in faccia di forma circolare (in un altro disegno orientato a nord), ne fa risaltare la composizione. Ancora diversa, appare la forma del giardino in altri due esempi; rigorosamente rettangolare, diviso simmetricamente in quattro parterre, con fontana circolare al centro e nel mezzo dei viali per il primo, con due ampie esedre oTeatri in faccia contrapposti da un capo all'altro del viale principale, nell'altro.

Della chiesetta, accanto alla Porta Napoletana, non vi è più traccia, essendo stata demolita in occasione dei lavori di costruzione dei ponti nel 1854... così come probabilmente avrebbe preferito fare il C arlo Fontana duecento anni prima, per poter realizzare il "suo" giardino all'italiana. Tale vuoto, paragonabile ad una vistosa lacuna o "breccia" da colmare, in corrispondenza del viadotto verso Galloro e Genzano, ha contribuito, di fatto, ad "aprire" la piazza di Corte, violandone l'originaria concezione berniniana di "scatola" teatrale conchiusa e conclusa, dove veniva rappresentata ogni giorno la scena del vivere quotidiano.

Per un recupero storico-critico dell'immagine berniniana

Ci si è interrogati così, in merito alle soluzioni da adottare. Richiudere questa lacuna in modo drastico, ovvero ripristinare il vuoto esistente con una quinta moderna, con linee ed uso dei materiali sganciati da qualsivoglia suggestione? Ripristinarla stilisticamente, con uno "sfondo" architettonico e scenograficoutile a ricordare la preesistente chiesetta, desunta dai disegni del Fontana e dalle numerose fonti iconografiche esistenti? Oppure riproporre una "nuova" quinta architettonica, del tutto reversibile, vicina all'arte dei giardini e al paesaggio?

Tra queste, l'ultima delle tre, individuata dalo scrivente, ha convinto l'equipe di professionisti allora incaricata dal Comune di Ariccia, trovando anche il favore della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Ambientali e l'interessamento dello stesso Soprintendente, prof. arch. Pio Baldi.

Prendere spunto dal giardino fontaniano - mai realizzato - per ricucire quella lacuna. Un intervento a basso impatto ambientale, nell'ottica di un recupero storico-critico, rispettoso dei princìpi del restauro moderno. Viene evocata la sola suggestione di quel giardino all'italiana, per mezzo di un'architettura verde effimera, quindi affine filologicamente al linguaggio barocco, senza riproporre stilisticamente tout court il disegno originale quindi, ma con ottica e senso critico attuali. Senza tirar su muri, il sostegno del giardino viene risolto con una struttura metallica leggera, del tipo pergolato, completamente ricoperta da piante. Per delimitare il giardino e punteggiare gli snodi, vengono piantate siepi ed arbusti in bosso e tasso, mentre a ricordo dei motivi romboidali a parterre fontaniani, è previsto un tappeto erboso omogeneo. Un varco centrale, consente l'accesso ai mezzi utili al carico e allo scarico delle merci nel Centro Storico. Si tratta di un intervento che mira a ristabilire la chiusura e l'originaria delimitazione della Piazza, così come l'aveva concepita nel seicento il Bernini.

... e un Tunnel interrato sotto il Parco Chigi, quale soluzione definitiva alla viabilità

Ma per recuperare completamente la Piazza di Ariccia dal punto di vista: della Sicurezza, funzionale, ambientale, igienico, architettonico, ottico, climatico, occorre pedonalizzarla, individuando una viabilità carrabile, alternativa all'esistente. Personalmente - anche alla luce di altre proposte - confermo la mia preferenza all'idea del tunnel interrato, nella versione presentata nel 2000 all'allora Amministrazione Comunale di Ariccia (vedi: catalogo della mostra: Piazza di Corte, il recupero dell'immagine berniniana, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Soprintendenza per i Beni Ambientali ed Architettonici del Lazio, Regione Lazio Ass.to alla Cultura, Comune di Ariccia - Roma, 2000), ovvero nel tratto sotterraneo al Parco Chigi, il cui imbocco si troverebbe immediatamente prima del ponte Monumentale, per uscire a cielo aperto, oltre il Parco, in località Selvotta.

E' necessario sottolineare che, in questo caso, il tunnel passerebbe proprio sotto lo stradone, non interessando in alcun modo le alberature soprastanti nel Parco Chigi. Al Lampioncino, sempre in sotterranea, il tunnel volterebbe a destra, per uscire a ridosso dell'ex Cava di peperino. Qui è prevista una rotatoria che consentirebbe il raccordo con la viabilità esistente, la Via dell'Uccelliera e la statale per Rocca di Papa. La "bretella" proseguirebbe poi ancora in tunnel nel suo tratto conclusivo, uscendo presso il curvone di Galloro (prossimità forno Cecchini), sulla Via Appia Nuova. Qui, troverebbero posto una seconda rotatoria ed un parcheggio sottostante, accessibile da Via Borgo San Rocco. Tale circuito, consentirebbe di liberare il ponte monumentale dal traffico, alleggerendo notevolmente il movimento veicolare anche sull'altro ponte (di San Rocco). Il ponte monumentale può essere finalmente pedonalizzato - eccetto che per una corsia carrabile, da riservare al transito veicolare per il soccorso e il carico-scarico delle merci, come è previsto, peraltro, nel sopra descritto giardino di progetto, accanto alla Porta Napoletana.

La Piazza di Ariccia, può così tornare al ruolo che le compete e che originariamente aveva nel pensiero berniniano: quell'organismo vivo e vitale, dove tutte le opere erano legate da un sottile geniale filo conduttore, in pieno equilibrio tra le parti e nel pieno rispetto: degli attori che ne fruivano, del paesaggio e della tradizione.

Giorgio Magistri

 

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Ultimo aggiornamento (Domenica 20 Marzo 2022 15:43)